Editoriale di don Alberto

Ha detto il Papa alla benedizione Urbi et Orbi di Natale: «Dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre.»

“Pur di guadagnare si è disposti anche a vendere morte. Unica condizione: basta che muoiano persone lontane da dove abito io.” Questa mentalità disgraziata è purtroppo presente nelle grandi e sviluppate nazioni che vendono le armi (e l’Italia ne fa parte), e rischia di intrufolarsi nei pensieri di chi è cristiano. Ma a noi cristiani cattolici va bene così?
Nel discorso durante la benedizione di Natale Papa Francesco è come se volesse aprirci gli occhi su cose che tutti sanno ma che nessuno, o pochi, sembrano contrastare. Per molti si tratta di rassegnazione: “ma cosa posso fare io?”. Ma se tutta la Comunità cristiana cattolica facesse sentire il suo fiero rifiuto a questa mentalità che accetta i morti, purché siano i morti degli altri, forse riusciremmo a contrastare le guerre.
Quando le generazioni future chiederanno conto a noi adulti di oggi “voi cosa avete fatto per contrastare le guerre?” temo che per molti la risposta possa essere “nulla”. Non è tempo di far sentire la voce di noi cattolici, insieme a quella del Papa?
Ormai siamo dentro la terza guerra mondiale - c’è bisogno che si allarghi ulteriormente il fronte di guerra per capirlo? – e l’unica logica sembra sia quella di armarsi sempre di più: continuando così a generare una spirale di morte da cui sarà sempre più difficile uscirne. 
È in gioco il futuro dell’umanità, è in gioco la responsabilità di noi adulti di oggi.
Eppure dice bene il Papa: i popoli non vogliono armi ma pace. Se riuscissimo a unire il sentire dei popoli, in questo mondo globale, e far capire che occorrono altre logiche per dirimere i conflitti (riconoscere le colpe, saper chiedere perdono per gli errori del passato, risarcire per i torti fatti, favorire il dialogo tra le parti in conflitto, rifondare un organismo internazionale autorevole e riconosciuto) forse qualche passo in più verso la pace sarebbe possibile.
Come decanato di Cantù il 1 gennaio alle ore 18.00 ci siamo ritrovati nella chiesa S. Cuore di Mariano Comense a pregare per la pace: per noi cristiani l’inizio delle nostre iniziative per la pace non possono che partire dalla preghiera.

Don Alberto


 

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